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Channel: teologia – il blog di Costanza Miriano
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I limiti della moderna concezione della realtà – parte seconda

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di Joseph Ratzinger

Secondo stadio: la svolta verso il pensiero tecnico

[Dopo la nascita dello storicismo apparve chiaro che] la storia come luogo della verità non poteva ovviamente da sola bastare. Si arrivò quindi al principio di Karl Marx: “Sinora i filosofi hanno soltanto diversamente contemplato il mondo, si tratta ora di trasformarlo.”

Il compito della filosofia viene così ancora una volta rivoluzionato di bel nuovo sin dalle radici. Tradotta nel linguaggio della tradizione filosofica, questa massima ci viene a dire che al posto del “verum quia factum” – è conoscibile, pregno di verità, solo ciò che l’uomo ha fatto ed è ora in grado di considerare – subentra il nuovo programma condensato nella formula “verum quia faciendum” – la verità, d’ora in poi, è la fattibilità. Per dirla ancora in altri termini la verità con cui l’uomo ha a che fare non è né la verità dell’essere, né in ultima analisi, quella delle azioni da lui compiute; è invece quella del cambiamento del mondo, della sua conformazione: una verità insomma proiettata nel futuro, e relativa all’azione.

(…) Stando così le cose, doveva andar sempre più affermandosi la convinzione che, in ultima analisi, risulti davvero conoscibile all’uomo soltanto ciò che è ripetibile, quello che egli è in grado di riproporsi in ogni momento mediante gli esperimenti. Tutto quanto egli può vedere soltanto tramite testimonianze di seconda mano resta passato e quindi non perfettamente conoscibile, a dispetto di tutte le documentazioni. Perciò il metodo scienze naturali, che risulta dall’associazione tra matematica e attenzione ai fatti reali, nella forma dell’esperimento ripetibile, appare ora come l’unico vero apportatore di un’affidabile certezza. (…) nasce l’impostazione mentale improntata alle scienze naturali, tipica dell’uomo moderno, che denota così conversione alla realtà in quanto è fattibilità. … Si giunge così al primato del fattibile sul già fatto, perché in pratica: che dovrebbe farsene l’uomo degli eventi ormai trascorsi? (…) La tecnica termina ora di rappresentare uno stadio subordinato dello sviluppo spirituale dell’uomo (….). La situazione risulta ora radicalmente cambiata: la tecnica non viene ormai più confinata nei sotterranei delle scienze; o più esattamente : il seminterrato è ormai diventato anche qui elemento determinante, nei confronti del quale i “piani superiori” non sembrano che restare altro che una dimora di nobili pensionati. La tecnica diventa così un vero potere e dovere dell’uomo.

(…) Indipendentemente dalla sua origine, l’uomo può affrontare decisamente il suo futuro, trasformando se stesso in ciò che vuole; non gli deve più apparire impossibile nemmeno farsi dio, che ora si presenta come faciendum, come fattibile, come punto terminale, e non sta invece più all’inizio di tutto come Logos, come senso.

(…Ormai, dunque) assai più importante della teoria sull’origine della specie, che in pratica ci sta alle spalle come qualcosa di ovvio, ci appare oggi la cibernetica, ossia la pianificabilità dell’uomo da ricreare; sicché, anche dal punto di vista teologico la manipolabilità dell’uomo, attraverso il suo stesso pianificare, comincia a rappresentare un problema più importante della questione del passato umano, quantunque i due problemi non siano dissociabili e, nei loro orientamenti, si condizionino a vicenda ampiamente. La riduzione dell’uomo a un factum, in effetti, è la premessa per comprenderlo come un faciendum, che da ciò che è va condotto a un nuovo futuro.

(la prima parte QUI )

da Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana (1969), pp.52-56


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